Quello che i modelli non dicono

GFS, il principale modello previsionaleAl giorno d’oggi, nell’era dei computer sempre più potenti e dell’ipertecnologica macchina delle previsioni del tempo, fatta di centinaia di processori che lavorano in parallelo per offrire il risultato di calcoli complessi in tempo utile per essere pubblicato sui giornali, vale la pena ricordare i limiti intrinseci di queste metodologie. Limiti teorici per cui ormai siamo sicuri che il sogno lagrangiano di predire l’esatto futuro di una particella nello spazio e per qualsivoglia tempo è di fatto irrealizzabile.

Per restare nell’ambito di casi a noi particolarmente vicini, consideriamo le previsioni del tempo fatte alle medie latitudini, e nello specifico le previsioni del flusso a 500mb; nell’arco temporale di 48 ore sappiamo che per la predizione di questa variabile possiamo trascurare il riscaldamento diabatico e la dissipazione per attrito. Rimane però fondamentale avere dei dati molto precisi sul trasporto del campo iniziale di vorticità, in quanto il flusso a 500mb risulta molto dipendente da questa ultima variabile. Se cominciamo a desiderare previsioni superiori ai 2 giorni, ecco che altre variabili diventano fondamentali, ad esempio le sorgenti ed i pozzi di momento e di energia presenti non solo nella zona considerata ma anche in quelle immediatamente vicine. Andando sempre più avanti nel tempo, avremmo bisogno di dati su tutto il globo e a tutte le quote, ed anche di dati provenienti da tutti gli strati oceanici, così come dimostrato da Smagorinsky nel 1967.

Se anche la nostra rete di rilevatori fosse molto fitta, diciamo un rilevatore ogni metro, su tutta la superficie terrestre, lungo tutta la colonna troposferica e lungo tutta la colonna oceanica, le previsioni di natura modellistica non potrebbero spingersi più in là di 10-12 giorni. Come mai?

 

Ormai non è un mistero che i flussi atmosferici di quantità quali temperatura, momento, umidità, ecc. avvengano all’interno di un sistema dinamico di natura caotica, che ben lungi dall’indicare che le cose avvengono a caso, significa essenzialmente che piccole variazioni di quantità in un punto o in un preciso istante, possono avere ripercussioni anche notevoli a distanza di poco tempo (o di poco spazio). Limitandoci ad una spiegazione semplice, bisogna immaginare che l’atmosfera è un continuo di moti che avvengono a tutte le scale, e l’energia proveniente dal sole, ed in minima parte dall’interno del pianeta, si distribuisce in cascata a tutte queste scale, che sono infinite, dando origine ai flussi di aria transcontinentali, così come al venticello che spazza le nostre strade. I modelli, per quanto abbiano una griglia fitta, non potranno mai simulare infiniti volumi di massa in cui avvengono i moti; così, se tra un punto della griglia ed il successivo avvengono dei moti a scala ancora più piccola, ecco che il modello si allontana dalla realtà, e quella piccola perturbazione potrà dare a luogo a fenomeni meteorologici anche su scale più grandi (o più piccole).

D’altro canto, siccome i modelli si basano su calcoli numerici, anche l’errore di arrotondamento dei valori della quantità meteorologiche può crescere e far divergere i risultati a distanza di poco. Un esempio eloquente di questo discorso fu fornito da Lorenz nel 1984: considerato un sistema molto semplice, ben lungi dalle equazioni di Navier-Stokes, si dimostra che gli stati di questo sistema nel tempo dipendono fortemente da piccole perturbazioni iniziali. Nello specifico, consideriamo il sistema

Ys+1 = aYs - Ys2

Questa equazione descrive semplicemente un sistema il cui stato Y all’intervallo di tempo successivo (s+1) dipende dallo stato Y al tempo attuale s. L’evoluzione di questo sistema è ben definita se fissiamo il valore di Y allo stato iniziale (Y0) e il valore della variabile a.

Se poniamo su un grafico l’andamento di Y nel tempo, e successivamente cambiamo leggermente il valore di a, mantenendo costante quello di Y0, cioè se in pratica “riavvolgiamo” il tempo e facciamo ripartire l’evoluzione del sistema con una piccola perturbazione, ecco che, già dopo pochissimi passi temporali, i due grafici non si somigliano più e assumono via via valori sempre più discostanti, come possiamo vedere chiaramente dalla figura. Immaginiamo allora cosa può succedere all’interno di sistemi (come quelli atmosferici) con leggi più complesse e con continue perturbazioni da parte delle condizioni circostanti.

E’ evidente che questo genere di comportamento non dipende affatto da quanto siano capaci o moderni i computer con cui si fanno le previsioni. A qualsiasi livello di precisione, esisterà sempre una cifra arrotondata e quindi una perturbazione, così come nel sistema atmosferico reale esisteranno sempre dei moti a scale più piccole di quelle che i nostri modelli potranno simulare.

Un altro problema significativo nell’uso dei modelli di previsione, sta nel fatto che tuttora non si riescono a raggiungere nemmeno i limiti teorici imposti dalle leggi di natura caotica a cui si accennava precedentemente. Le previsioni con alto grado di confidenza a 10-12 giorni sono tuttora un miraggio e questo è dovuto a diversi fattori: cattiva qualità dei dati rilevati dalla rete globale di centraline, disomogeneità nella diffusione geografica delle stesse, risoluzione del modello inadeguata e insufficiente rappresentazione dei fenomeni fisici complessi come i processi radiativi, la formazione di nubi, il trasporto repentino di massa ed energia all’interno di forti convezioni ecc.

Infatti spesso nei modelli non è possibile risolvere tutte le equazioni alle derivate parziali di cui il sistema atmosferico è zeppo; spesso per problemi di tempi di calcolo si ricorre a parametrizzazioni più o meno approssimate, tagliando via processi e quindi perturbando maggiormente il sistema di quanto possa farlo un errore di arrotondamento delle cifre.

Con queste premesse risulta chiaro che un totale affidamento ai risultati dei modelli di previsione risulta un errore, ma allo stesso tempo essi sono l’unica arma, in alcuni casi molto efficace, che abbiamo per strappare alla natura informazioni utili non solo per predire il futuro delle condizioni meteorologiche, ma anche per comprendere fenomeni che risulterebbero troppo complessi per essere affrontati da un punto di vista analitico.

 


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