Il terremoto del 26 dicembre 1927 nei Castelli Romani - Colli Albani

Foto antica di Nemimaggiori effetti
La scossa avvenne il 26 dicembre 1927 alle ore 15:06 GMT e colpì l'area dei Colli Albani nel Lazio centrale. Il paese più danneggiato fu Nemi, dove quasi tutte le abitazioni subirono lesioni più o meno gravi, e parecchie furono dichiarate inabitabili; caddero tetti, soffitti, parti di cornicioni e molti comignoli. Secondo le perizie effettuate dal Genio civile nel gennaio 1928, gli edifici danneggiati furono complessivamente 136: di questi 2 (1,5%), comprendenti 6 appartamenti di 4-5 camere ciascuno, crollarono completamente: uno immediatamente, l'altro 12 ore dopo la scossa. Inoltre 74 edifici (54%) subirono danni gravi consistenti in lesioni profonde, con grave dissesto o crollo parziale delle strutture portanti, caduta di tramezzi divisori, crollo parziale dei tetti; 31 edifici (23%) subirono danni di media entità consistenti in lesioni dei muri portanti, in particolare vicino alle aperture, larghe ed estese fessurazioni dei tramezzi, leggere deformazioni dei solai e dissesto delle strutture dei tetti; 29 edifici (21,5%) subirono danni lievi consistenti in leggere lesioni, distacco di intonaci, caduta di parti di cornicioni. Anche gli edifici pubblici furono seriamente danneggiati; in particolare il Municipio, la chiesa parrocchiale di Santa Maria del Poggio, il collegio e la chiesa dei padri Mercedari, la caserma dei carabinieri e le scuole comunali; il medievale castello Orsini subì numerose e profonde lesioni che ne misero in dubbio la stabilità. La gravità dei danni fu dovuta sia alla natura del sottosuolo, sia alla vetustà e alle precarie condizioni del patrimonio edilizio. Il paese di Nemi, edificato su un banco di roccia tufacea a picco sul lago omonimo, poco compatto e lesionato da frequenti frane, era costituito da case vecchie, che in alcuni rioni erano vere e proprie catapecchie fatiscenti. Varie abitazioni erano inoltre state danneggiate dal precedente terremoto del 22 gennaio 1892. I danni più gravi furono riscontrati lungo il margine della scarpata a sud-ovest dell'abitato, che ha una pendenza media di circa l'80%. Danni gravi furono riscontrati anche a Genzano, dove la scossa causò il crollo totale di una casa e molti altri edifici subirono gravi lesioni, in particolare nella parte alta del paese, a ridosso del cratere vulcanico; le abitazioni danneggiate in modo più grave furono 45, alcune delle quali risultarono "completamente sventrate"; leggere lesioni furono riscontrate anche nelle abitazioni meglio costruite. A Lanuvio si ebbero lesioni, più o meno gravi, in tutti gli edifici, caduta di comignoli e di tegole; circa 20 abitazioni risultarono gravemente danneggiate, e altre 5 dovettero essere sgomberate perché ritenute pericolanti. A Rocca di Papa vi furono leggere lesioni in molte abitazioni e lesioni gravi in 20 case già in cattivo stato, 2 delle quali risultarono inabitabili; lesioni non gravi si riscontrarono nell'antica Cattedrale; subì notevoli fenditure l'edificio dell'ex-convento di Monte Cavo situato ca. 1 km a S dell'abitato. A Roma si ebbero leggere lesione in vari edifici; in una vecchia casa di via del Cipresso, a Trastevere, crollò un soffitto. Danni leggeri furono segnalati anche ad Ariccia, Albano Laziale e Velletri. La scossa fu sentita in un'area limitata comprendente la provincia di Roma, e, verso sud, alcune località delle province di Latina e di Frosinone.

effetti socio-economici
La scossa, avvennuta alle ore 15:06 GMT nel giorno della festività di Santo Stefano, colse quasi tutta la popolazione dei paesi più colpiti nelle vie; a questa fortunata coincidenza si dovette lo scarso numero di feriti; la popolazione presa dal panico si trattenne in seguito a lungo all'aperto. A Roma vi fu un morto causato dalla caduta di una palla di pietra ornamentale dal campanile della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane; al Velodromo Appio, le persone che stavano assistendo a una partita di calcio, fuggendo in preda al panico fecero crollare il parapetto laterale della tribuna; nella caduta diversi rimasero feriti o contusi, nessuno in modo grave. Nelle campagne di Nemi vi furono danni rilevanti dovuti all'allagamento dei terreni coltivati; l'allagamento si verificò in seguito alla rottura del condotto della sorgente detta delle "Facciate di Nemi" a causa della caduta di massi di tufo. Questa sorgente alimentava l'acquedotto che riforniva tutta la zona dei castelli romani (1).

impatto sociale
A Roma vi fu un morto causato dalla caduta di una palla di pietra ornamentale dal campanile della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane; al Velodromo Appio, le persone che stavano assistendo a una partita di calcio, fuggendo in preda al panico, fecero crollare il parapetto laterale della tribuna; nella caduta diversi rimasero feriti o contusi, nessuno in modo grave. A Nemi alcune persone furono ferite leggermente dalla caduta di pietre e calcinacci. Nei paesi più colpiti i primi soccorsi furono organizzati dal prefetto di Roma, Garzaroli, che si recò sul posto accompagnato da funzionari e da ingegneri provinciali. I tecnici del Genio civile di Roma verificarono l'abitabilità delle case nell'area più colpita, provvedendo subito al puntellamento o alla demolizione di quelle più gravemente lesionate. Il governo, spinto dalla necessità di risistemare il più rapidamente possibile le conseguenze del terremoto, essendo la zona vicina alla capitale, stabilì di fare eseguire d'ufficio le opere di ripristino degli stabili danneggiati, di proprietà sia di enti pubblici, sia di privati. Nel gennaio 1928 il Genio civile condusse una minuziosa campagna di rilevamento dei danni nei comuni più colpiti e in seguito curò direttamente l'esecuzione dei lavori, che furono completati nel giro di pochi mesi. La spesa complessiva fu di 1.532.000 lire per il restauro delle case dei privati, in massima parte nel comune di Nemi, e di 206.000 lire per la riparazione del municipio, della chiesa parrocchiale e del convento dei padri Mercedari di Nemi. In seguito, il governo procedette al recupero della spesa a carico dei privati nei limiti e con le modalità fissate dal decreto ministeriale 19 giugno 1929. Tali norme prevedevano che la spesa sostenuta dallo Stato fosse rimborsata per il 60% dai proprietari aventi un reddito annuo imponibile superiore a 10.000 lire, per il 50% dai proprietari con reddito compreso tra 5.000 e 10.000 lire e per il 40% dai proprietari con reddito compreso tra 2.000 e 5.000 lire. Furono esentati dal rimborso i proprietari con reddito inferiore a 2.000 lire.

provvedimenti delle autorita'
Nei paesi più colpiti i primi soccorsi furono organizzati dal prefetto di Roma Garzaroli, che si recò sul posto accompagnato da funzionari e da ingegneri provinciali. I tecnici del Genio civile di Roma verificarono l'abitabilità delle case nell'area colpita, provvedendo subito al puntellamento o alla demolizione di quelle più gravemente lesionate. Il Governo spinto dalla necessità di risistemare il più rapidamente possibile le conseguenze del terremoto, essendo la zona vicina alla capitale, stabilì di fare eseguire d'ufficio le opere di ripristino degli stabili danneggiati, di pertinenza sia di enti pubblici, sia di privati. Nel gennaio 1928 il Genio civile condusse una minuziosa campagna di rilevamento dei danni nei comuni più colpiti e in seguito curò direttamente l'esecuzione dei lavori, che furono completati nel giro di pochi mesi. La spesa complessiva fu di L.1.532.000 per il restauro delle case dei privati, in massima parte nel comune di Nemi, e di L.206.000 per la riparazione del municipio, della chiesa parrocchiale e del convento dei padri Mercedari di Nemi. Il Governo procedette, in seguito, al recupero della spesa relativa a carico dei privati nei limiti e con le modalità fissate dal decreto ministeriale 19 giugno 1929. Tali norme prevedevano che la spesa sostenuta dallo Stato fosse rimborsata per il 60% dai proprietari aventi un reddito annuo imponibile superiore a L.10.000, per il 50% dai proprietari con reddito compreso tra L.5.000 e L.10.000 e per il 40% dai proprietari con reddito compreso tra L.2.000 e L.5.000. Furono esentati dal rimborso i proprietari con reddito inferiore a L.2.000 (1).

effetti sull'ambiente
A Nemi, il terremoto causò numerose frane; una di queste causò la rottura del condotto della sorgente delle "Facciate di Nemi"; l'acqua non più incanalata, allagò i terreni adiacenti, a coltivazione intensiva, causando notevoli danni. Una vasta spaccatura si aprì nel terreno ai piedi della roccia su cui sorge il castello Orsini, minacciando un vasto scoscendimento. Scomparve la sorgente della "Fontana Grande" di proprietà del Comune. Vari testimoni che si trovavano in prossimità del lago di Nemi al momento del terremoto, affermarono che le acque "bollirono" per un tempo notevole, in particolare in una ristretta zona del bacino, presso la riva di Nemi; furono inoltre notate violente variazioni di livello e un forte intorbidamento delle acque. A Genzano fu notato un sollevamento delle acque lacustri.

fenomeni naturali associati
Nell'area epicentrale fu segnalata l'agitazione degli animali domestici nei momenti precedenti la scossa (1).

impatto sui fabbricati
Il paese di Nemi, edificato su un banco di roccia tufacea a picco sul lago omonimo, poco compatto e lesionato da frequenti frane, era costituito da case vecchie, che in alcuni rioni erano vere e proprie catapecchie fatiscenti. Varie abitazioni erano inoltre state danneggiate dal precedente terremoto del 22 gennaio 1892. Gli edifici presentavano in genere la stessa tipologia costruttiva e i materiali utilizzati erano omogenei, principalmente pietra da taglio locale. Le strutture si differenziavano soltanto per quanto riguarda i solai che erano costruiti a volta oppure in travi di legno (1).

documenti
È stata revisionata la bibliografia del Catalogo PFG (1985), costituita dal "Bollettino sismico" del 1927 (Cavasino 1928) (1), dai cataloghi di Cavasino (1935) (2) e di Peronaci (1974) (3). Cavasino (1935) utilizzò i dati del bollettino, da lui stesso curati, e lo specifico studio di Lombardini (1933) (4). Quest'ultima, all'epoca assistente nell'Osservatorio geodinamico di Rocca di Papa, situato all'interno dell'area più colpita, tracciò un quadro dettagliato degli effetti del terremoto basandosi su sopralluoghi personali, sulle testimonianze dirette raccolte, sui dati forniti dal ministero dei Lavori Pubblici, relativi ai risultati degli accertamenti tecnici compiuti dall'Ufficio del Genio civile di Roma, e sulle cartoline macrosismiche pervenute all'Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofisica. Ad integrazione delle informazioni note è stata sviluppata una ricerca bibliografica. Sono stati utilizzati il catalogo di Molin (1981) (5) e, in particolare, lo studio di Di Loreto et al. (1989) (6) che, basandosi sulle puntuali perizie tecniche effettuate dal Genio civile, hanno analizzato in modo particolareggiato la localizzazione dei danni nel centro storico di Nemi, in rapporto alle caratteristiche geomorfologiche del sito. È stata inoltre vagliata la stampa quotidiana, di cui sono state utilizzate 4 cronache afferenti a 3 testate, che hanno fornito informazioni sugli effetti e sulle reazioni della popolazione (7). Dati di notevole interesse sui costi sostenuti dal governo per il ripristino dei danni e sulla politica attuata nelle zone danneggiate sono stati desunti da una pubblicazione del ministero dei Lavori Pubblici (1932) (8).

cronologia
La scossa principale avvenne il giorno 26 dicembre 1927 alle ore 15:06 GMT. Le repliche furono leggere e poco numerose, molte di esse furono rilevate solo strumentalmente a Roma e a Rocca di Papa e cessarono del tutto nella seconda decade di febbraio 1928 (1). 26 dicembre 1927: fu avvertita alle ore 15:20 GMT scossa avvertita a Rocca di Papa (2). 1 gennaio 1928: fu avvertita alle ore 20:16 GMT scossa avvertita in tutti i Colli Laziali (3). 3 gennaio 1928: fu avvertita alle ore 4:29 GMT scossa avvertita a Lanuvio (4). 8 gennaio 1928: fu avvertita alle ore 10:51 GMT scossa avvertita a Nemi e a Rocca di Papa (5).

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