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METEO GIORNALE
  • Meteo, ti sembra tutto tranquillo? Guarda cosa sta per ARRIVARE

    Quando si parla di meteo estremo, non sempre ci si rende conto di quanto sottile possa essere la linea tra la stabilità atmosferica e un violento temporale.   Eppure, nelle prossime ore il Nord Italia potrebbe vivere proprio questa trasformazione repentina, frutto di un meccanismo atmosferico tanto semplice quanto esplosivo. È l’incontro tra aria calda e umida nei bassi strati e aria più fredda in arrivo in quota a creare le condizioni ideali per la formazione di temporali intensi, spesso sottovalutati nella loro pericolosità.  

    Il motore invisibile: cosa scatena davvero un temporale violento

    Nei giorni scorsi, l’anticiclone africano ha avvolto gran parte della penisola italiana in una bolla di caldo e umidità stagnante. Questa presenza subtropicale ha determinato un’atmosfera statica, opprimente e carica di energia latente. Ma è proprio in queste situazioni che basta poco per cambiare il quadro meteorologico: una corrente più fresca e instabile proveniente dall’Atlantico può insinuarsi al di sopra dello strato caldo, innescando un brusco sollevamento dell’aria.   L’aria calda, essendo più leggera, tende naturalmente a salire. Quando incontra l’aria fredda in quota, viene spinta con forza verso l’alto. Durante questa ascesa, si espande e si raffredda, fino a raggiungere il punto di condensazione. Il risultato è la formazione di nubi convettive che crescono in modo verticale: dai cumuli più modesti si passa rapidamente alla costruzione di cumulonembi, vere torri di vapore che possono superare i 12 km di altezza.  

    Il segnale nel cielo: l’incudine che annuncia il caos

    Quando osserviamo una nube a forma di incudine, stiamo guardando la parte superiore di una colonna d’aria in ebollizione. La classica "testa piatta" che si allarga in orizzontale indica che la nube ha raggiunto la tropopausa, il limite superiore della troposfera. Da quel momento in poi, il sistema può diventare autorigenerante, alimentato da una continua fornitura di calore e umidità dal suolo.   In queste condizioni, non è raro assistere alla nascita di veri e propri MCS (Mesoscale Convective Systems): sistemi temporaleschi su scala meso che durano molte ore e possono spostarsi anche per centinaia di chilometri, lasciando dietro di sé una scia di forti piogge, grandinare e raffiche di vento.  

    Perché il Nord Italia è sempre nel mirino

    La Pianura Padana e le aree adiacenti sono una delle zone più predisposte d’Europa alla formazione di temporali esplosivi. Il motivo risiede in una combinazione di fattori geografici e climatici. In primis, l’orografia complessa – con Alpi, Prealpi e Appennini – che costringe le masse d’aria a salire forzatamente. Questo fenomeno, noto come sollevamento orografico, favorisce la formazione di nubi temporalesche proprio lungo le fasce pedemontane.   In secondo luogo, la vicinanza con il Mediterraneo garantisce un costante apporto di umidità, che viene trattenuta nei bassi strati durante le fasi di caldo prolungato. Dopo giornate dominate dal sole e dall’afa, la quantità di energia potenziale immagazzinata in atmosfera è altissima. Serve solo un innesco – come una saccatura in quota – per liberarla in modo improvviso e violento.  

    Tempeste in incubazione: serve attenzione, non allarmismo

    Il meteo non è una scienza esatta, ma la fisica dell’atmosfera è chiara: quando si verificano forti contrasti verticali tra masse d’aria, l’instabilità è pronta a esplodere. Non si tratta di allarmismo, ma di lettura scientifica di indicatori precisi. L’arrivo di aria più fredda sopra un suolo rovente è tra questi.   I modelli previsionali stanno già segnalando una crescente probabilità di temporali localmente intensi, soprattutto nelle ore pomeridiane e serali, a partire da settori alpini e prealpini in discesa verso le pianure. Le condizioni saranno particolarmente favorevoli alla formazione di celle temporalesche persistenti, che potrebbero scaricare grandi quantità di pioggia in poco tempo.  

    Uno scenario che si ripete: il nuovo volto dell’estate italiana

    Il quadro che sta emergendo non è isolato: episodi simili si stanno moltiplicando negli ultimi anni, facendo parlare molti esperti di un cambiamento nel paradigma estivo. L’estate italiana, tradizionalmente sinonimo di stabilità anticiclonica, è ora sempre più interrotta da break temporaleschi rapidi ma molto intensi. La spiegazione va ricercata anche nei mari più caldi, nella tropicalizzazione del clima e nella maggiore frequenza di ondate di calore.   In questo contesto, il meteo diventa uno strumento fondamentale non solo per chi pianifica le vacanze, ma anche per la sicurezza pubblica. Riconoscere in anticipo i segnali di instabilità può fare la differenza tra una giornata di sole e una grandinata distruttiva. E da oggi, tutti gli indicatori puntano nella stessa direzione: il Nord Italia è di nuovo sotto osservazione meteo.
  • Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, studio su effetti clima in vista eruzione Pacifico

    L'eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha'apai del gennaio 2022 ha rappresentato un evento geologico di portata straordinaria, configurandosi come la più grande eruzione sottomarina mai documentata nella storia moderna delle osservazioni vulcanologiche. Questo fenomeno eccezionale ha attirato l'attenzione della comunità scientifica internazionale non solo per la sua imponenza, ma soprattutto per le sue peculiari caratteristiche chimiche e climatiche che hanno rivoluzionato la nostra comprensione degli impatti vulcanici sul sistema Terra.   Le analisi dettagliate condotte sui bilanci geochimici di zolfo e vapore acqueo rilasciati durante l'evento eruttivo hanno rivelato dati sorprendenti che sfidano le aspettative consolidate sui meccanismi di interazione tra vulcanismo sottomarino e atmosfera terrestre. Durante l'eruzione, il vulcano ha liberato una quantità impressionante di anidride solforosa pari a 18,8 Tg (terogrammi), una cifra che, se completamente immessa in atmosfera, avrebbe potuto generare significative perturbazioni climatiche su scala globale.   Tuttavia, la realtà dei processi fisico-chimici che hanno caratterizzato questa eruzione sottomarina ha mostrato un comportamento del tutto inaspettato. Meno del 7% dell'anidride solforosa totale prodotta dal magma è effettivamente riuscita a raggiungere l'atmosfera terrestre, mentre la stragrande maggioranza di questo composto chimico si è dissolta direttamente nell'oceano durante le fasi più violente dell'attività vulcanica.   Questo meccanismo di dissoluzione oceanica si è verificato in condizioni estreme, durante la frammentazione esplosiva del magma che si trovava a profondità comprese tra i 400 e i 1.000 metri sotto il livello del mare. A queste profondità, la pressione idrostatica esercitata dalla colonna d'acqua sovrastante crea condizioni fisiche particolari che favoriscono la dissoluzione dei gas vulcanici direttamente nell'acqua marina, impedendo la loro risalita verso la superficie e il successivo passaggio in atmosfera.   Le misurazioni satellitari condotte durante e dopo l'evento eruttivo hanno fornito dati fondamentali per quantificare con precisione il contenuto di anidride solforosa che è effettivamente entrato nel sistema atmosferico. Questi strumenti di telerilevamento, dotati di sensori altamente specializzati, hanno permesso di tracciare in tempo reale la dispersione dei gas vulcanici e di distinguere chiaramente tra i composti rimasti confinati negli strati oceanici e quelli che hanno raggiunto l'atmosfera.   Nonostante la ridotta frazione di anidride solforosa atmosferica, l'eruzione di Hunga Tonga ha comunque prodotto impatti significativi sulla composizione della stratosfera. Gli studi condotti sui cambiamenti su larga scala nell'alta atmosfera hanno documentato alterazioni chimiche e fisiche che si sono propagate ben oltre l'area di immediata influenza del vulcano, dimostrando come anche quantità relativamente limitate di gas vulcanici possano influenzare i delicati equilibri atmosferici quando rilasciate in determinate condizioni.   Un aspetto particolarmente interessante di questa eruzione è stato il rilascio massiccio di vapore acqueo nell'atmosfera, un fenomeno che ha accompagnato l'emissione di anidride solforosa e che ha contribuito a modificare temporaneamente la composizione chimica degli strati atmosferici superiori. Il vapore acqueo, normalmente presente in quantità limitate nella stratosfera, ha raggiunto concentrazioni anomale che hanno influenzato i processi radiativi e le dinamiche atmosferiche a scala globale.   Questi risultati hanno implicazioni profonde per la climatologia vulcanica e per la nostra capacità di prevedere gli effetti climatici delle future eruzioni sottomarine. La scoperta che una parte così significativa dei gas vulcanici può rimanere confinata negli oceani piuttosto che entrare in atmosfera suggerisce che i modelli climatici potrebbero dover essere rivisti e calibrati per tenere conto di questi meccanismi di sequestro oceanico.   L'eruzione di Hunga Tonga rappresenta quindi un caso studio fondamentale per comprendere come le eruzioni sottomarine possano avere impatti climatici globali attraverso meccanismi diversi da quelli tradizionalmente considerati, aprendo nuove prospettive di ricerca nel campo delle interazioni tra geodinamica, oceanografia e climatologia.
  • Stop frescura e temporali, il meteo ritorna bollente

     

    Giugno si sta trasformando in un vero e proprio laboratorio meteo a cielo aperto sull'intero territorio italiano. Il susseguirsi di fenomeni meteo anomali, la comparsa improvvisa di temporali esplosivi, e ora una nuova avanzata dell'Anticiclone Africano, delineano uno scenario climatico del tutto inedito e sempre più instabile.

     

    La fase fresca e instabile vissuta Domenica e Lunedì, con temporali violenti e repentini cali delle temperature, sta per essere rapidamente archiviata. All’orizzonte, infatti, si profila una nuova fase dominata dal caldo estremo, un’ondata che promette di essere persino più severa e persistente di quella che abbiamo appena passato.

     

    Le elaborazioni dei più affidabili modelli meteorologici europei e internazionali convergono su un’unica previsione: una terza ondata di calore, con caratteristiche eccezionali, è in procinto di invadere l’Italia da Sud a Nord, facendo risalire le temperature fino e oltre i 40°C in più aree del Paese. Il tutto da Giovedì 19.

     

    La risalita rovente: una nuova ondata ancora più feroce

    Non si tratta semplicemente di un ritorno del caldo, ma di una vera escalation termica, un'accelerazione improvvisa e drammatica che coinvolgerà quasi tutte le regioni italiane. Il nuovo affondo dell'Anticiclone Africano sarà responsabile di un'avanzata di masse d’aria incandescente, in risalita diretta dal deserto del Sahara verso il bacino del Mediterraneo centrale.

     

    Le aree maggiormente coinvolte da questa fiammata estiva saranno, ancora una volta, le regioni meridionali e le isole maggiori. In particolare, le zone interne della Puglia, della Basilicata, della Calabria, della Sicilia e della Sardegna sono già nel mirino dei modelli previsionali. Tuttavia, anche ampie porzioni del Centro-Nord, specialmente le pianure interne lontane dall'influsso del mare, subiranno un deciso incremento termico.

     

    La colonnina di mercurio potrebbe agevolmente raggiungere e superare i 40°C in aree come la Piana di Catania, il Campidano, la Valle del Crati, e le aree centrali della Basilicata. Ma anche città della Pianura Padana come Piacenza, Cremona, Ferrara e Mantova potranno sfiorare valori estremi.

     

    Anticiclone Africano in grande stile: l’architetto del caldo

    Il vero protagonista atmosferico di questa nuova fase climatica è senza dubbio l’Anticiclone Africano, che dopo una momentanea ritirata ha già iniziato a riconquistare terreno sul Mediterraneo centrale. Questo sistema di Alta Pressione subtropicale, noto per la sua capacità di trasportare masse d’aria estremamente calde e secche, si sta riposizionando in modo strategico tra il Nord Africa e l’Italia, con effetti che si avvertiranno in tutto il Paese.

     

    Le correnti atlantiche, più fresche e instabili, che negli scorsi giorni avevano garantito una breve tregua, sono ormai respinte verso le latitudini settentrionali, lasciando campo libero a una configurazione di blocco atmosferico.

     

    Questo blocco, una volta consolidato, impedirà il passaggio di nuove perturbazioni e manterrà condizioni stabili e roventi per diversi giorni consecutivi. Il rischio concreto è quello di entrare in una fase stagnante, in cui l'aria calda si accumula senza ricambio, provocando un’ulteriore impennata delle temperature sia diurne che notturne, con notti tropicali sempre più frequenti anche nelle città dell’interno.

     

    Caldo di ritorno e stress fisiologico: l’effetto rebound

    Uno degli aspetti più critici di questa nuova ondata riguarda il cosiddetto "caldo di ritorno", una fase di riacutizzazione termica che colpisce subito dopo un periodo di apparente refrigerio. Il corpo umano, che aveva appena cominciato ad adattarsi alla normalità termica dopo i primi picchi di calore, si ritrova improvvisamente sottoposto a un nuovo shock climatico, senza tempo per acclimatarsi.

     

    Questo fenomeno accentua il carico di stress fisiologico, compromettendo i meccanismi di termoregolazione naturale. La sensazione di afa risulta più intensa, l'affaticamento maggiore, e le categorie fragili – come anziani, bambini piccoli, malati cronici – sono esposte a rischi ancora più elevati. Le città, in particolare, subiscono l'effetto moltiplicatore delle isole di calore urbano, dove l’accumulo di calore notturno negli edifici e l’asfalto incandescente rendono praticamente impossibile il recupero termico durante le ore notturne.

     

    Sud e isole sotto assedio: i territori più colpiti dal caldo

    Come già sperimentato all’inizio del mese, saranno le zone lontane dal mare, in particolare le aree interne del Sud Italia e delle grandi isole, a subire il peso maggiore del caldo. La mancanza di ventilazione naturale e la configurazione orografica favoriscono un vero e proprio effetto forno nelle valli e nelle conche appenniniche.

     

    Zone come l’entroterra ennese, la Valle dei Templi, l’area di Caltanissetta, la Valle del Crati in Calabria, e il Campidano in Sardegna potrebbero facilmente raggiungere valori tra i 39 e i 42°C, con picchi ancora più elevati in presenza di compressione dell’aria tra i rilievi.

     

    Anche al Centro-Nord si prevedono condizioni simili, specie nelle pianure emiliane, in Umbria, e nella parte meridionale della Lombardia, dove l’assenza del mare e la scarsa ventilazione contribuiranno a rendere il caldo ancora più asfissiante.

     

    Meteo urbano: città trasformate in forni di cemento

    L’ambiente urbano sarà tra i più penalizzati: metropoli come Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze e Bologna rischiano di vivere giornate critiche, con temperature che supereranno i 37-38°C, ma che potranno arrivare a 43°C in periferie asfaltate o densamente urbanizzate. Le infrastrutture cittadine, già provate dal precedente caldo, potrebbero andare in crisi.

     

    I trasporti pubblici subiranno ritardi a causa della dilatazione dei binari ferroviari, i condizionatori potrebbero cedere per sovraccarico, e non si escludono interruzioni momentanee della rete elettrica in caso di consumi superiori alle soglie gestibili.

     

    Condizionatori a pieno regime: rete elettrica verso la saturazione

    Uno degli effetti collaterali più temuti di questa nuova fase meteo è legato alla tenuta del sistema energetico nazionale. Il ricorso massiccio alla climatizzazione artificiale rischia infatti di portare al collasso temporaneo alcune porzioni della rete elettrica, specialmente nelle aree metropolitane e nelle località turistiche.

     

    Nelle ore più calde del giorno, tra le 12 e le 18, il consumo energetico raggiungerà nuovi record. Se a questo si aggiungono eventuali guasti agli impianti di raffreddamento in stazioni, ospedali, centri commerciali o luoghi pubblici, il rischio di blackout localizzati diventa più che una possibilità. La pressione sulla rete sarà ancora più elevata in località turistiche di mare o montagna, dove la popolazione può triplicare rispetto alla media annuale.

     

    Estate italiana irriconoscibile: tropicalizzazione in atto

    L’Estate del 2025, almeno per quanto riguarda il mese di Giugno, sembra aver smarrito ogni legame con la tradizionale immagine di stagione serena, soleggiata, e accompagnata da brezze marine. Al suo posto si sta imponendo un modello climatico tropicalizzato, fatto di caldo estremo, improvvise ondate temporalesche e transizioni violente tra condizioni opposte.

     

    Questo fenomeno non è più episodico ma sistemico. L’equilibrio stagionale che per decenni ha regolato il clima dell’area mediterranea è stato compromesso. Oggi, l’alternanza tra Anticiclone Africano e temporali autorigeneranti rappresenta una nuova normalità, con effetti profondi su ogni settore della vita civile ed economica.

     

    Giugno 2025: il mese che riscrive la climatologia italiana

    L’impressione è che il mese di Giugno 2025 sarà ricordato a lungo come uno dei più anomali, caldi e instabili della storia recente. In meno di due settimane, si sono susseguiti picchi di calore, precipitazioni violente, blackout elettrici, allagamenti urbani, e ora una nuova vampata sahariana in arrivo. Questa successione serrata di eventi non rappresenta più un’eccezione, ma un vero salto climatico.

     

    La meteorologia italiana si trova oggi a dover descrivere un contesto completamente mutato, in cui anche la prevedibilità stagionale vacilla. La Primavera si accorcia, l’Estate inizia prima e raggiunge vette torride sempre più elevate, mentre Autunno e Inverno diventano stagioni meno nette, più inclini a episodi violenti piuttosto che a fasi uniformi.

     

    Mediterraneo trasformato: da bacino mite a fucina climatica

    Il cambiamento non riguarda soltanto l’Italia, ma l’intero Mediterraneo, da Spagna a Grecia, passando per il Sud della Francia, la Turchia, fino al Marocco e alla Tunisia. L’aumento delle temperature medie, la contrazione delle precipitazioni estive, e l’incremento dei fenomeni meteo estremi stanno trasformando l'intero bacino in una zona climatica d’alta tensione.

     

    Il ruolo dell’Anticiclone Africano, in questa metamorfosi, è sempre più dominante. La sua presenza diventa più frequente, più prolungata e sempre più incisiva. Il Sahara, un tempo lontano, oggi è praticamente alle porte di Roma, Milano, Napoli.

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Le fredde minime del 26 novembre 2013

Come avevamo previsto il freddo giunto ieri sera ha fatto sul serio: l'aria artico russo ha riversato tantissima neve sui rilievi appenninici orientali con qualche caso di sconfinamento nella Marsica occidentale e in Sabina, ma i cieli sul comparto tirrenico sono stati pressoché sereni.

Il freddo però non è stato bloccato dalle montagne ed è arrivato puntuale a rendere cruda l'aria del mattino nei Castelli Romani: con le sole eccezioni di Lariano e Velletri tutte le zone sopra i 300 metri di quota sono andate sottozero, compresae le solitamente miti Ariccia ed Albano.

In diversi casi le temperature mattutine sono state il record annuale: citiamo Rocca Priora che sfonda i -3° e Monte Compatri a quasi -2°C. Notevole il valore delle due stazioni meteo dei Campi d'Annibale che si proiettano verso i 4 gradi sottozero, come pure la Molara ed i Pratoni del Vivaro che si confermano ghiacciaie anche in assenza di forte inversione termica.

Stanotte si replica e all'ora in cui scriviamo (17:30) i Campi d'Annibale e Rocca Priora sono già sottozero: il freddo infatti si sta incrudendo, se alle 2 a 1500 m in libera atmosfera avevamo -3.1°C, alle 14 eravamo a -3.5°C e intorno alle 2 dovremmo scenedere fin quasi a -6°C.

Invitiamo dunque a prestare attenzione a possibili gelate nelle mattine di domani e dopodomani, quando le temperature inizieranno una lieve risalita. I cieli ce li aspettiamo anche domani perlopiù sereni, con assenza di precipitazioni che altrimenti viste le temperature sarebbero nevose.

 

Le temperature minime registrate nella mattina del 26 novembre 2013 nei Castelli Romani:

 

Rocca di Papa Campi d’Annibale 771 m Idrografico -3.9°C
Rocca di Papa Campi d’Annibale 790 m -3.4°C
Rocca Priora Centro 698 m -3.3°C
Monte Porzio Camaldoli 583 m -2.6°C
Grottaferrata Molara 460 m -2.1°C
Rocca di Papa Centro 679 m -2.0°C
Rocca di Papa Pratoni del Vivaro 579 m -2.0°C
Monte Compatri Colle Mattia 194 m -1.8°C
Monte Compatri Centro 579 m -1.7°C
Ariccia Catena 470 m -1.1°C
Albano Centro 450 m -0.8°C
Frascati Prataporci 155 m -0.7°C
Ariccia Centro 469 m -0.4°C
Marino Centro 360 m -0.3°C
Grottaferrata Valle Marciana 202 m +0.0°C
Velletri Cinque Archi 188 m +0.0°C
Castel Gandolfo Lago Albano 295 m +0.1°C
Frascati Villa Sora Idrografico 291 m +0.1°C
Monte Compatri Pantano Borghese 58 m +0.2°C
Lariano Centro 362 m +0.4°C
Albano Cancelliera 205 m +0.5°C
Albano Cecchina Idrografico +0.6°C
Velletri Cantina Sperimentale 322 m +0.9°C
Lanuvio Campoleone Idrografico +1.0°C
Marino Gotto d’Oro 218 m +1.0°C
Velletri Cappuccini Idrografico 332 m +1.0°C
Velletri Prato Lungo 300 m +1.0°C
Lanuvio Centro 259 m +1.3°C
Albano Cecchina 216 m +1.4°C
Velletri Paganico 221 m +2.7°C

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